Ponte Missioni – Ottobre 2013
No a una Chiesa autoreferenziale
Continua a spendere tutto il suo fiato per farcelo capire: no a una Chiesa autoreferenziale, sì a una Chiesa estroversa e missionaria, capace di andare fino alle “periferie esistenziali”.
Da quella magica serata del 13 marzo scorso fino al recente convegno mondiale dei catechisti, Papa Francesco continua a martellare. “Voglio che la Chiesa esca per le strade.
Le parrocchie, le associazioni, i movimenti sono fatti per uscire fuori. Se non lo fanno, diventano una ONG, e la Chiesa non può ridursi a una organizzazione assistenziale”.
Questo vale per tutto il popolo di Dio e per ogni cristiano: ad esempio, un catechista che si chiude nella nicchia del suo gruppo, inesorabilmente si ammala. Ci risiamo: la Chiesa trova se stessa al di fuori di se stessa. La tua fede la difendi, se la diffondi.
Quindi? Nel messaggio all’ultimo Meeting, il vescovo di Roma ha scritto al vescovo di Rimini, con l’ormai solito linguaggio spiccio e “papale papale”: “Andiamo incontro a tutti, senza aspettare che siano gli altri a cercarci”.
E con una delle sue le sue immagini folgoranti, lui, pastore-capo, ricorda a noi con-pastori che non possiamo starcene tranquilli nell’ovile a “fare i bigodini” all’ultima pecorella rimasta.
Quindi? C’è una tentazione previa da superare: quella dello scoraggiamento. Come i Dodici di duemila anni fa, anche noi pastori e cristiani tutti ci sentiamo al di sotto della mission: inadeguati e insufficienti.
Anche qui Francesco docet: “La barca della Chiesa non ha la potenza dei grandi transatlantici”. Eppure Dio non si è ancora stancato di fidarsi di noi. Quindi? Dobbiamo guardarci dalla “dea Lamentela”, per rifarci sempre al gergo ‘francescano-bergogliano’.
È vero: si aggira dalle nostre parti uno spettro che continua a mietere vittime, ed è appunto quel vittimismo lagnoso e petulante che deve sempre trovare il colpevole, perché ovviamente (?) la colpa dello scarso raccolto è sempre degli altri.
Ma una Chiesa continuamente occupata nel… “capitolo delle colpe”, con quale credibilità potrà annunciare il vangelo della misericordia? Come si fa a recapitare la bella notizia della salvezza, con una faccia che gocciola lacrime amare e gronda tristezza da tutte le parti?
Quindi? Per noi, Chiesa riminese, l’ottobre missionario coincide con l’inizio dell’anno pastorale. Una buona concomitanza: ci può aiutare a renderci conto che è ora di non porre più in alternativa pastorale e missione. Senza la missione la fede non nasce né rinasce. Senza la pastorale la fede non cresce…
mons. Francesco Lambiasi
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